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Tuttosport in edicola: l’ elettroshock, a conti fatti, non sta servendo. La formula, dura, scelta da Sergio Conceiçao non sta pagando. Il tecnico portoghese dopo la sua prima partita sulla panchina del Milan, la vittoria del 3 gennaio a Riad contro la Juventus nella semifi nale di Supercoppa italiana, si presentò così, facendo capire quale sarebbe stata la sua linea di conduzione del gruppo: «Io non sono uno molto simpatico, non sono uno da abbracci, sono più le volte in cui mi arrabbio, ma la squadra ha bisogno di questo: d’altra parte non sono qui per farmi amici, ma per vincere». E Conceiçao tre giorni dopo vinse, portando nella bacheca del museo rossonero il 50° trofeo della storia del Diavolo, la Supercoppa, con una clamorosa rimonta contro l’Inter. Sembrava il preludio a qualcosa di grande, a una pagina diversa dopo sei mesi balbettanti con Paulo Fonseca. Invece il tempo sta dando delle risposte diverse. La squadra, cambiata, rivoltata con il mercato dalla società, con un’impostazione tattica differente, di fatto, non è così distante da quella di Fonseca. E per certi versi neanche distante dall’ultima versione di quella di Pioli. Una squadra senza equilibrio, capace di grandi picchi e clamorosi crolli, con tonfi ridondanti causati da errori, di squadra e singoli, clamorosi. Solo nell’ultimo mese in quasi tutte le partite in cui il Milan è caduto ci sono state topiche da matita rossa: l’errore di Gabbia e l’espulsione di Musah a Zagabria nella sconfitta contro la Dinamo che ha sancito l’esclusione dalle primo otto della classifi ca di Champions; la papera di Maignan sul gol di Paixao a Rotterdam nell’andata dei playoff contro il Feyenoord; l’espulsione di Theo Hernandez nella gara di ritorno e il nuovo errore del portiere francese sabato sera a Torino in occasione dell’autogol di Thiaw, tedesco poi “dormiente” sul 2-1 di Gineitis (per non parlare del rigore fallito da Pulisic). I difetti, insomma, sono strutturali e le responsabilità ovviamente non sono solo dei tecnici, ma da condividere con giocatori e soprattutto società. Come scritto, però, dopo 56 giorni di gestione Conceiçao si può affermare che l'elettroshock di cui sopra ha prodotto grandi scossoni, ma sostanzialmente non ha mutato lo status quo di uno spogliatoio che sembra insensibile a certi input. O meglio. Alcuni hanno portato alla rivoluzione del mercato di gennaio vedi gli addii di Calabria e Morata dopo forti discussioni con il tecnico. E pure con Bennacer il click non è scattato con l’algerino volato a Marsiglia. Anche altri giocatori rossoneri sono rimasti spiazzati dalle metodologie di allenamento e gestione della quotidianità del tecnico di Coimbra, arrivato come uno tsunami dopo le direzioni più “morbide” di Fonseca e Pioli. Probabilmente, viene da dire dall’esterno, c’era bisogno di un intervento del genere, però è evidente che la situazione a livello di rendimento della squadra non stia dando i frutti sperati. E adesso bisognerà capire come alcune scelte, leggi per esempio le esclusioni di Leao - per questioni fisiche, ma anche per prestazioni considerate non all’altezza - incideranno sulla testa dei giocatori.
