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Paolo Condò dal CorSera in edicola su Milan Inter di oggi pomeriggio
Sono sei anni che il derby di Milano ha ripreso a sdoppiarsi. Da una parte la supremazia cittadina nel cazzeggio colto delle chat borghesi e nella rabbia social adolescenziale, dall’altra gli effetti della partita sugli obiettivi. Il derby miserabile degli anni 10 è un incubo rimosso, ma se scavi ci vuole poco per ricordare. Un decennio in cui la Juve non ha fatto toccar palla a nessuno, e comunque quelle che le arrivavano meno lontane erano Napoli e Roma, storicamente prese in giro per le loro gioie rare e ridondanti, ma quanta invidia in quei giorni di ombre cinesi. Che poi il cinese dell’Inter è stato tutt’altra cosa rispetto a quello del Milan — confonderli sarebbe disonesto — ma hanno finito entrambi per (perdere? farsi sfilare? lasciare?) il club a favore di un fondo americano. Degli ultimi quattro campionati, tre sono finiti con la coppia milanese davanti e il quarto — il trionfo del Napoli di Spalletti — ha visto in contemporanea Inter-Milan semifinale di Champions. Prevalse l’Inter, che pur perdendo la finale ne fece la genesi dell’ultimo salto di qualità: lo squadrone di Inzaghi è nato nel mercato successivo. Uscì il Milan, che schifò totalmente la grandezza del cammino percorso proprio perché fu l’Inter a interromperlo, e si avvitò in una rivoluzione non necessaria, a sua volta rivoluzionata in queste ore. Il derby di oggi contiene molto destino per entrambe perché due successi rossoneri di fila non hanno certo cancellato i sei nerazzurri, ma cominciano a scolorirne il ricordo, e il controllo mentale sulla sfida vale almeno un gol. Inzaghi poi non corre su Conceicao ma su Conte, e il fatto che il Napoli sia ormai a 16 partite dal traguardo, e con le curve a gomito Atalanta e Juventus già alle spalle, inquieta. A derby concluso Inzaghi si sintonizzerà subito sull’Olimpico, perché la trasferta in casa Roma è una delle ultime pericolose per il Napoli, e trovarsi dietro dopo lo scontro diretto del 2 marzo potrebbe essere la fine. Analogamente il Milan gioca per non perdere il posto Champions e i 60 milioni incassati per un semplice piazzamento ai playoff. Li sta già spendendo, nel terrore di non confermarli.
Sono sei anni che il derby di Milano ha ripreso a sdoppiarsi. Da una parte la supremazia cittadina nel cazzeggio colto delle chat borghesi e nella rabbia social adolescenziale, dall’altra gli effetti della partita sugli obiettivi. Il derby miserabile degli anni 10 è un incubo rimosso, ma se scavi ci vuole poco per ricordare. Un decennio in cui la Juve non ha fatto toccar palla a nessuno, e comunque quelle che le arrivavano meno lontane erano Napoli e Roma, storicamente prese in giro per le loro gioie rare e ridondanti, ma quanta invidia in quei giorni di ombre cinesi. Che poi il cinese dell’Inter è stato tutt’altra cosa rispetto a quello del Milan — confonderli sarebbe disonesto — ma hanno finito entrambi per (perdere? farsi sfilare? lasciare?) il club a favore di un fondo americano. Degli ultimi quattro campionati, tre sono finiti con la coppia milanese davanti e il quarto — il trionfo del Napoli di Spalletti — ha visto in contemporanea Inter-Milan semifinale di Champions. Prevalse l’Inter, che pur perdendo la finale ne fece la genesi dell’ultimo salto di qualità: lo squadrone di Inzaghi è nato nel mercato successivo. Uscì il Milan, che schifò totalmente la grandezza del cammino percorso proprio perché fu l’Inter a interromperlo, e si avvitò in una rivoluzione non necessaria, a sua volta rivoluzionata in queste ore. Il derby di oggi contiene molto destino per entrambe perché due successi rossoneri di fila non hanno certo cancellato i sei nerazzurri, ma cominciano a scolorirne il ricordo, e il controllo mentale sulla sfida vale almeno un gol. Inzaghi poi non corre su Conceicao ma su Conte, e il fatto che il Napoli sia ormai a 16 partite dal traguardo, e con le curve a gomito Atalanta e Juventus già alle spalle, inquieta. A derby concluso Inzaghi si sintonizzerà subito sull’Olimpico, perché la trasferta in casa Roma è una delle ultime pericolose per il Napoli, e trovarsi dietro dopo lo scontro diretto del 2 marzo potrebbe essere la fine. Analogamente il Milan gioca per non perdere il posto Champions e i 60 milioni incassati per un semplice piazzamento ai playoff. Li sta già spendendo, nel terrore di non confermarli.
