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Il CorSport in edicola insiste ancora sulle news, ampiamente riferite nei giorni scorsi, sul rapporto tra Conceicao e i dirigenti del Milan che non decolla:
Nella notte tumultuosa di Rotterdam, Conceiçao rischia di aver esaurito tutto il credito accumulato con la vittoria in Supercoppa a pochi giorni dal suo insediamento. Soprattutto per non aver intuito - neppure dopo la caduta di Zagabria - che il Feyenoord decimato dagli infortuni poteva comunque rappresentare una trappola: nello stadio che qui chiamano “De Kuip”, cioè “la vasca”, il Milan ha pensato forse di fare il bagnetto con le paperelle... mentre s’è ritrovato in pasto agli squali. Come se non bastasse, i quattro tenori Pulisic, Joao Felix, Leao e Gimenez sono sembrati i solisti di un’orchestra stonata. Rimontare e agguantare gli ottavi è un orizzonte ancora possibile, certamente, ma alla gara di ritorno mancano soltanto quattro giorni. E l’ambiente frigge. L’altra sera bastava guardare la faccia di Ibra in tribuna, mentre Conceiçao sostituiva Gimenez e Leao con Camarda e Abraham, per rendersi conto che a Casa Milan sta volando
qualche straccio: lo svedese scuoteva la testa e borbottava, come un tifoso insoddisfatto delle scelte del proprio tecnico. La scintilla tra due uomini autorevoli e qualche volta autoritari pare non essere scattata, come dimostrano anche le recenti esternazioni. A poche ore dal match più importante della stagione, Ibrahimovic ad esempio ha puntualizzato che «adesso Conceiçao ha due squadre», quasi come se avesse voluto cancellare ogni alibi a un tecnico che pare sia scelto soprattutto da Furlani. Zlatan ha pure aggiunto che Leao, per due volte di fi la in panchina prima di Rotterdam, «è uno dei migliori al mondo». Alla prima osservazione, quella sulla rosa abbondante, l’allenatore martedì ha risposto che «in realtà sono più di due visto che nel settore giovanile ne abbiamo tante». Un’ironia che Ibra non ha apprezzato.
La sconfitta di Rotterdam non ha fatto altro che aggiungere un carico di irritazione a un ambiente già nervoso. Ne ha fatto le spese lo stesso Conceiçao, che nel post partita si è infuriato con gli impiegati del Feyenoord, rei di averlo fatto aspettare un quarto d’ora prima delle interviste di rito. «Così è una mancanza di rispetto», ha tuonato, andando via e mettendo in imbarazzo anche i dirigenti del Milan. I quali hanno preferito annullare la conferenza pre-Verona di oggi, ufficialmente perché il tecnico parlerà spesso in questi giorni. Eppure, mai come stavolta, gettare acqua sul fuoco avrebbe portato all’ambiente solo benefici. Il nuovo allenatore, un po’ come Fonseca, si sente un po’ solo. Tra i corridoi di Milanello non si parla ancora di esonero, ma la sfiducia è un sentimento che da queste parti cova e avanza silenziosamente come l’edera. Il cammino in Champions è in bilico (e pensare che sarebbe bastato vincere a Zagabria per gustarsi i playoff dal divano) e la qualifi cazione alla prossima edizione del maxi-torneo è appesa a una rimonta complessa per colpa di un rendimento quasi sempre a singhiozzo. Il Milan ha fatto un mercato intelligente, uscendone più forte e spendendo solo 1 milione nel bilancino delle entrate e delle uscite. Nel girone di ritorno, tra l’altro, sta andando meglio. Fonseca aveva ottenuto 1,58 punti di media a partita, Conceiçao oggi è a 1,83 e ha già messo in bacheca un trofeo. Senza pass Champions per la prossima stagione (vale altri 50 milioni almeno), il destino del nuovo allenatore sarebbe però segnato. L’estensione dell’accordo al 2025-26 dipende infatti da una clausola che solo il club può esercitare. In qualsiasi caso, occhio al fi lo dell’equilibrio sul quale tutti, a prescindere dai risultati, cammineranno da qui in avanti: se dovesse spezzarsi, neppure un fi nale in crescendo sarebbe garanzia di futuro. Anche lo spogliatoio, spesso ribelle (i casi Calabria, Leao e Theo insegnano), è un’altra gatta da pelare. Quando mancano le reti di protezione, l’atterraggio rischia di essere brusco.
Nella notte tumultuosa di Rotterdam, Conceiçao rischia di aver esaurito tutto il credito accumulato con la vittoria in Supercoppa a pochi giorni dal suo insediamento. Soprattutto per non aver intuito - neppure dopo la caduta di Zagabria - che il Feyenoord decimato dagli infortuni poteva comunque rappresentare una trappola: nello stadio che qui chiamano “De Kuip”, cioè “la vasca”, il Milan ha pensato forse di fare il bagnetto con le paperelle... mentre s’è ritrovato in pasto agli squali. Come se non bastasse, i quattro tenori Pulisic, Joao Felix, Leao e Gimenez sono sembrati i solisti di un’orchestra stonata. Rimontare e agguantare gli ottavi è un orizzonte ancora possibile, certamente, ma alla gara di ritorno mancano soltanto quattro giorni. E l’ambiente frigge. L’altra sera bastava guardare la faccia di Ibra in tribuna, mentre Conceiçao sostituiva Gimenez e Leao con Camarda e Abraham, per rendersi conto che a Casa Milan sta volando
qualche straccio: lo svedese scuoteva la testa e borbottava, come un tifoso insoddisfatto delle scelte del proprio tecnico. La scintilla tra due uomini autorevoli e qualche volta autoritari pare non essere scattata, come dimostrano anche le recenti esternazioni. A poche ore dal match più importante della stagione, Ibrahimovic ad esempio ha puntualizzato che «adesso Conceiçao ha due squadre», quasi come se avesse voluto cancellare ogni alibi a un tecnico che pare sia scelto soprattutto da Furlani. Zlatan ha pure aggiunto che Leao, per due volte di fi la in panchina prima di Rotterdam, «è uno dei migliori al mondo». Alla prima osservazione, quella sulla rosa abbondante, l’allenatore martedì ha risposto che «in realtà sono più di due visto che nel settore giovanile ne abbiamo tante». Un’ironia che Ibra non ha apprezzato.
La sconfitta di Rotterdam non ha fatto altro che aggiungere un carico di irritazione a un ambiente già nervoso. Ne ha fatto le spese lo stesso Conceiçao, che nel post partita si è infuriato con gli impiegati del Feyenoord, rei di averlo fatto aspettare un quarto d’ora prima delle interviste di rito. «Così è una mancanza di rispetto», ha tuonato, andando via e mettendo in imbarazzo anche i dirigenti del Milan. I quali hanno preferito annullare la conferenza pre-Verona di oggi, ufficialmente perché il tecnico parlerà spesso in questi giorni. Eppure, mai come stavolta, gettare acqua sul fuoco avrebbe portato all’ambiente solo benefici. Il nuovo allenatore, un po’ come Fonseca, si sente un po’ solo. Tra i corridoi di Milanello non si parla ancora di esonero, ma la sfiducia è un sentimento che da queste parti cova e avanza silenziosamente come l’edera. Il cammino in Champions è in bilico (e pensare che sarebbe bastato vincere a Zagabria per gustarsi i playoff dal divano) e la qualifi cazione alla prossima edizione del maxi-torneo è appesa a una rimonta complessa per colpa di un rendimento quasi sempre a singhiozzo. Il Milan ha fatto un mercato intelligente, uscendone più forte e spendendo solo 1 milione nel bilancino delle entrate e delle uscite. Nel girone di ritorno, tra l’altro, sta andando meglio. Fonseca aveva ottenuto 1,58 punti di media a partita, Conceiçao oggi è a 1,83 e ha già messo in bacheca un trofeo. Senza pass Champions per la prossima stagione (vale altri 50 milioni almeno), il destino del nuovo allenatore sarebbe però segnato. L’estensione dell’accordo al 2025-26 dipende infatti da una clausola che solo il club può esercitare. In qualsiasi caso, occhio al fi lo dell’equilibrio sul quale tutti, a prescindere dai risultati, cammineranno da qui in avanti: se dovesse spezzarsi, neppure un fi nale in crescendo sarebbe garanzia di futuro. Anche lo spogliatoio, spesso ribelle (i casi Calabria, Leao e Theo insegnano), è un’altra gatta da pelare. Quando mancano le reti di protezione, l’atterraggio rischia di essere brusco.
